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Il paesaggio era surreale: pareti di calcare perfetto si stagliavano dall’oceano, creando canyon strettissimi tra prati che somigliavano a giardini.
Regno Unito
Vie tradizionali
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Pembroke
20-40 m
E9 6c
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L’etica inglese era ferrea: nessuno spit sulle vie e soste non attrezzate; al loro posto c’erano solo dei tondini in ferro conficcati nel terreno che ispiravano poca fiducia.
A volte i viaggi organizzati all’ultimo minuto sono semplicemente i migliori. Alcune settimane prima della nostra partenza mi era balenata l’idea di una toccata e fuga in Inghilterra, la patria dell’arrampicata trad: volevo sperimentare di persona la rigidissima etica locale di cui tutti parlavano.
L’area più conosciuta è sicuramente Peak district, ma il caldo di quella stagione non ci avrebbe permesso di scalare. Così, mentre eravamo alla ricerca di una meta alternativa, siamo incappati in alcune immagini di bellissime falesie a picco sull’oceano, che, secondo le descrizioni, rappresentavano una rinomata meta per l’arrampicata trad nel sud del Galles.
Trovare dei compagni di viaggio è stato un gioco da ragazzi: Lara Neumeier e Roland Hemetzberger si sono subito offerti di accompagnarci. Poche settimane dopo eravamo a Pembroke.
Dopo esserci procurati una guida, ci siamo diretti verso le falesie più famose, Huntsman’s Leap e Stennis Ford, dove siamo stati accolti dalle tipiche condizioni meteo inglesi, ovvero pioggia e vento. Il paesaggio era surreale, con perfette pareti di calcare che si stagliavano dall’oceano creando canyon strettissimi tra prati che somigliavano a giardini.
L’etica inglese era ferrea: nessuno spit sulle vie e soste non attrezzate. Non essendoci alberi, per calarsi nelle gole bisognava affidarsi a tondini in ferro conficcati nel terreno dai locals, che spesso oscillavano non ispirando fiducia. Ma la pericolosità delle vie non sarebbe stato l’unico cruccio: la maggior parte delle falesie si trovavano in una zona militare che, a causa di esercitazioni, era quasi sempre inaccessibile fino a sera. Inoltre, non avevamo calcolato le maree, che periodicamente sommergevano i primi cinque metri delle vie. Infine, a complicare ulteriormente la situazione, c’era il maltempo: pioveva quasi ogni giorno. Organizzare le giornate, per questi svariati motivi, non è stato banale. Spesso eravamo costretti a scalare da secondi, per la pioggia o per via della base della parete completamente sott’acqua. La motivazione, tuttavia, aveva preso il sopravvento sulle circostanze, e scalavamo malgrado le condizioni.
Durante la nostra permanenza abbiamo ripetuto molte delle vie “classiche” (impegnative) dell’area, la maggior parte dopo averle salite in top rope.
Ritengo che gli highlights del viaggio siano stati “Chupacabra”, “The Big Issue” e “Muy Caliente”: tutte vie stupende, caratterizzate da lunghi run out. L’ultima, in particolare, mi ha regalato soddisfazioni: l’ho salita al primo tentativo dopo una veloce ricognizione in top rope; avevo riflettuto per diversi giorni se provarla ground up flash, ma alla fine non mi sono fidato.
Il suggestivo Pembroke non ha nulla da invidiare alle falesie europee più blasonate… solo che non è chiodato: il posto perfetto!
Videoracconto su epictv.com Articolo su planetmountain.com Articolo su ukclimbing.com