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Perseveranza, motivazione, fallimenti e riuscita. Un percorso durato 6 anni che mi ha portato a salire la mia linea dei sogni, nonché la mia via più impegnativa.
Italia
Arrampicata trad
"Tribe"
Cadarese
25m
E... niente
Jacopo Larcher
-
Ho pulito la linea di "Tribe" 6 anni fa durante la mia prima visita a Cadarese; stagione dopo stagione, questa via ha assistito alla mia evoluzione come arrampicatore trad. Mi ha insegnato moltissimo, soprattutto a livello personale; salirla è stata la realizzazione di un grande sogno.
Nel 2013, durante un viaggio all'isola de La Reunion mi sono avvicinato per la prima volta all'arrampicata trad: è stato amore a prima vista. Ero rimasto talmente stregato da questa disciplina, che al mio ritorno decisi di andare subito a Cadarese, una delle mecche europee dell'arrampicata in fessura. Mi ricordo che mentre salivo per la prima volta per il sentiero, un mio amico (Riky Felderer) mi disse: "guarda quell'enorme prua sopra la tua testa... sarebbe un bel progetto per te!". Sul momento ero troppo curioso di vedere il resto della falesia per dargli corda, ma più il tempo passava, più cominciavo a pensare a quella linea: era veramente affascinante. La curiosità di capire se fosse realmente possibile era troppa, così, la sera stessa, mi calai per darci un'occhiata più da vicino; la via era molto più strapiombante di quello che sembrava e, soprattutto la parte alta, pareva essere veramente impossibile. Passai l'intera sera appeso ad una corda, spazzolando la linea alla luce della pila frontale e cercando di decifrarne i movimenti. Tornai alla macchina esausto ed entusiasta allo stesso tempo; non avevo ancora compreso se la via fosse possibile o meno, ma una cosa era certa... non l'avrei chiodata! Dovevo essere io ad adeguarmi alla roccia, non lei a me.
La linea è decisamente diversa dal resto delle vie di Cadarese, che sono in prevalenza in fessura ed abbastanza sicure da proteggere; esteticamente sembra molto simile alle linee che si trovano nel Peak District, la patria dell'arrampicata tradizionale.
La via segue una prua strapiombante, solcata solamente da una fessura orizzontale svasa, l'unica possibilità per proteggersi nella sezione chiave. La prima parte, ben più facile rispetto al resto, è un muro verticale caratterizzato da dei movimenti un po' aleatori; non è molto difficile, ma la prima protezione è a 5 metri da terra ed una caduta in certi punti potrebbe terminare a terra. Le vere difficoltà della via sono concentrate nella parte successiva, ovvero la prua strapiombante; l'arrampicata è estremamente fisica su prese svasate, ma per fortuna le protezioni sono sicure (ma distanti). Dopo aver fatto il singolo più duro si raggiunge una presa buona, dalla quale si posizionano due piccoli ball nuts, che dovrebbero proteggere gli ultimi movimenti aleatori prima di ribaltarsi sulla cengia che simboleggia la fine della sezione dura della via. L'ultima parte, in comune con un'altra linea, è una fessura di 7b.
All'epoca per me Cadarese era ancora un mondo tutto da scoprire; c'erano troppe linee da salire per focalizzarsi solamente su un progetto, che per di più sembrava completamente impossibile. Ho trascorso quindi le mie prime due stagioni in Ossola scalando tutti i giorni su vie diverse, ripetendo le varie classiche e prendendo confidenza con l'arrampicata trad. Tuttavia quell'imponente prua strapiombante continuava a ronzarmi per la testa; ogni sera, terminata la giornata d'arrampicata, andavo a provarne i movimenti per decifrare le sequenze. Le temperature erano troppo alte e le energie residue troppo basse per tenere quelle prese, ma non mi importava...ero stregato da quella linea; piano piano ero riuscito a comprendere come risolvere la maggior parte dei movimenti, ma l'ultima sezione continuava a sembrarmi utopica. Dopo aver preso un anno di pausa da Cadarese, nel 2017 ci sono tornato con un unico obbiettivo in testa: dedicarmi solamente al progetto. Ero appena riuscito a salire "La Rambla" ed alte vie dure, quindi mi sentivo abbastanza in forma ed ero più motivato che mai. Dopo 3 settimane ero riuscito a risolvere tutti i singoli ed a fare dei bei concatenamenti, ma gli ultimi due movimenti mi sembrano ancora impossibili. Non era sempre facile trovare un compagno, quindi scendevo spesso in Ossola da solo per provare in autosicura il progetto; restavo ore appeso alla statica cercando di meccanizzare le sezioni e risolvere i singoli mancanti, ma una salita della via con la corda dall'alto mi sembrava ancora utopica... figurarsi da primi! L'anno successivo la situazione non era cambiata di molto; riuscivo ad arrivare quasi sempre in continuità fino agli ultimi due movimenti, che però non ero ancora mai riuscito a fare neanche singolarmente. Iniziavo a chiedermi che senso avesse continuare a provare qualcosa, che di fatto sembrava ancora impossibile. L'arrivo della pioggia ha rimandato ancora una volta tutto alla stagione successiva, così ho sfruttato i mesi invernali per allenarmi duramente per il progetto, con l'obbiettivo di tornare a Cadarese il prima possibile. Per mia fortuna l'inverno 2019 è stato particolarmente secco in Ossola e la stagione è iniziata addirittura a metà febbraio; complici l'allenamento e le condizioni perfette, ho avuto fin da subito delle ottime sensazioni sulla via e dopo una settimana sono riuscito, com mia grande gioia ed incredulità, a risolvere gli ultimi due movimenti mancanti. Incredibile, dopo 6 anni avevo finalmente la certezza che la via fosse effettivamente possibile! Ho deciso così di smettere di provarla da secondo e di iniziare a fare sempre dei tentativi da primo, pur non essendo mai riuscito a concatenarla con la corda dall'alto.
Il 22 marzo, dopo esserci andato più volte vicino, sono finalmente riuscito a prendere la presa finale del tiro, lasciando un urlo liberatorio; non ci potevo credere, dopo così tanto tempo ero riuscito a salire la mia via dei sogni, nonché la mi via più dura. È stato un processo incredibile, che mi ha insegnato moltissimo, soprattutto a livello personale; mi ha fatto comprendere l'importanza di credere sempre nei propri sogni e di perseverare nei propri obbiettivi, senza mai farsi influenzare dalle opinioni altrui o dai momenti di crisi.
La prima domanda della maggior parte delle persone è stata sul grado; ho l'impressione che al giorno d'oggi tutto ruoti intorno a questo, e che la cosa più importante sia il numero che segue il nome della via. Per me non lo è. Questa linea ha un significato ben diverso per me, che non voglio venga ridotto ad una cifra; spero che questo gesto non venga frainteso e che serva solo come spunto di riflessione sul perché dedichiamo così tanto tempo ed energie ad arrampicare... personalmente non penso che sia per delle cifre, no?
Ci tengo a dedicare questa via a Peter Mair, una persona fantastica che mi ha insegnato molto da ragazzino, non solo in arrampicata. Grazie Peter!
Scoprite di più su Planetmountain Un articolo di Rock and Ice Guarda il video